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La vocazione sciamanica conduce spesso il neofita nei terreni più selvaggi, in un mondo abitato soltanto da animali e da spiriti. In questi luoghi remoti i sacri misteri, che tutto permeano pur non essendo visibili ad alcuno, possono trovar modo di penetrare la mente umana. Per lo sciamano, come per l’anacoreta tibetano e per molti veggenti e visionari, l’ambiente naturale incontaminato è il luogo per evocare la solitudine selvaggia interiore e personale, “la grande pianura nello spirito”, ed è soltanto qui che le voci del profondo si innalzano a canto. Il tacito linguaggio di deserti, montagne, altipiani e foreste intatti istruisce da un luogo che è al di là dell’idea, del concetto e del costrutto.
Gli sciamani sono guaritori, veggenti e visionari che hanno vinto la morte. Essi sono in comunicazione con il mondo degli dèi e degli spiriti. Possono abbandonare il corpo quando si involano verso reami non terrestri. Sono poeti e cantori. Danzano e creano opere d’arte...
Ma, soprattutto, gli sciamani sono dei tecnici del sacro e padroni dell’estasi
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